Auguste Vestris


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de Bournonville et Cecchetti

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Escuela Bolera - La scuola classica spagnola
di Marina Keet de Grut, Presidente della Spanish Dance Society per l’Europa

6 aprile 2013

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Traduzione: Silvia Brioschi

Sono ormai più di sessant’anni che studio la danza spagnola; ne ho solo sfiorata la superficie. Possiamo solo inchinarci davanti ai vasti orizzonti di una forma d’arte così prolifica e varia. Desidero condividere con voi il mio entusiasmo di fronte alle ricche tradizioni della danza spagnola.

Oggigiorno - purtroppo - il mondo non riconosce che una sola forma di danza spagnola, il Flamenco, che ne è diventato il sinonimo. Ben diversa era la situazione due secoli fa. Effettivamente tutta l’Europa, le due Americhe e anche l’Africa del Sud si sono infiammate per la danza classica spagnola.

Danse dite La Malagueña
Croquis de Gustave Doré, vers 1874

L’Escuela Bolera si riferiva a uno stile specifico di danza classica spagnola, che fu insegnato, nel XIX secolo, nelle accademie di Siviglia, Cadice, Malaga, Granada, Jerez de la Frontera, Barcellona, Madrid e Valencia. Questo stile così particolare rappresentava la fusione fra i passi caratteristici delle danze regionali, le influenze della Corte e i passi di “balletto” (danza accademica) che si insegnavano in certe scuole e che venivano presentati sulle scene spagnole.

L’Escuela Boler è figlia delle Seguidillas della regione della Mancha. Sebbene altre teorie siano state avanzate, verosimilmente questo nome viene dal verbo volar, volare. Sulle prime partiture pubblicate dei Boleros si legge “Seguidillas Voleras”, in altre parole, le Seguidillas “che volano”. Ma in castigliano “b” e “v” si pronunciano in maniera quasi identica e voleras è diventato boleras. Grazie alla sua grande popolarità, questa danza divenne nel XIX secolo la danza nazionale della Spagna. La scuola prese lo stesso nome, tanto che gli stessi danzatori venivano chiamati Boleros e Boleras. I danzatori delle compagnie erano chiamati sia “danzatori di balletto” che “Boleros” (alcuni danzavano entrambi gli stili), mentre un’altra categoria di artisti eseguiva le “danze grottesche” (danzatori di carattere).

Ancora oggi nelle città si può vedere il Cuadro Flamenco, così chiamato perché il fondale dei piccoli teatri era un quadro gigantesco di qualche scena flamenca. C’era anche un Cuadro Bolero: ormai pochi sono coloro che se ne ricordano. I musicisti e i danzatori aprivano lo spettacolo cantando e battendo le mani (palmas) (…).

I nomi delle danze possono generare confusione. La scuola di danza classica stessa si chiama Escuela Bolera; una danza si chiama Bolero (…). Si può descriverlo al meglio nel modo seguente: se la battuta è in ¾, il Bolero si conta in 6 tempi (due battute), con anacrusi accentata (cioè: 6,1,2,3;4,5).

Le Seguidillas Boleras erano in origine una danza folcloristica, divenuta un Bolero soprattutto grazie a Sebastián Lorenzo Cerezo che, secondo la tradizione, si ritiene ne abbia definito le norme. E’ lui che avrebbe inventato alcune sequenze brillanti di salti, di batterie e di pirouettes. Cerezo ha probabilmente danzato alla Corte di Carlo III (1759-1788); sarebbe stato lui ad aver “italianizzato” il Bolero, introducendovi numerosi passi, vista la sua consuetudine con la Corte di Napoli. Altre due figure importanti, provenienti da un ambito popolare, furono Antonio Boliche, morto nel 1794, portantino, citato nella “Bolerologia” di Rodríguez de Calderón, e un locandiere, Juanillo de Chiclana (…).

Veniamo ora più specificamente al carattere dell’Escuela Bolera. Il maestro di danza mostrava ai suoi allievi una danza dopo l’altra. Le Seguidillas (dal verbo seguir, seguire e quindi una sequenza di danze) erano dunque il mezzo di apprendimento della tecnica. Otero diceva che cominciava insegnando le Peteneras, con il loro ritmo gitano a colpi di tallone per stimolare l’interesse dell’allievo, poi continuava con le Seguidillas, per fissare e consolidare la tecnica. Successivamente, a causa dell’influenza del balletto, si è incominciato a insegnare una parte della danza spagnola con un sistema di passi che l’allievo era tenuto a perfezionare da una lezione all’altra (…).

Lo stile delle braccia ben arrotondate e tenute davanti alla testa si può osservare dalle vecchie litografie e statuette ed esiste ancor oggi nello stile di Bournonville e in quello di Cecchetti. Dalla fine del XVIII secolo e in seguito con l’occupazione napoleonica all’inizio del XIX secolo, le compagnie di danza straniere si esibirono sulle scene spagnole e il Bolero - una danza di coppia, come la maggior parte delle danze spagnole - subì l’influenza del balletto. Le due forme cominciarono allora a contendersi i favori del pubblico. I balletti erano sontuosi, con molti danzatori in scena; il Bolero si adeguò aggiungendo fino a otto coppie, invece che una sola. In seguito vennero introdotti passi propri di balletto. Così è nata l’Escuela Bolera, conservando comunque un colore regionale molto pronunciato.

Fra i numerosi maestri sivigliani di danza spagnola si ricorda José Otero. Nel suo Tratado de Baile (Trattato di Danza) del 1912 egli parla degli insegnanti conosciuti allora e delle differenze rilevate nell’insegnamento delle danze. Angel Pericet Carmona (1877-1944) fu allievo di Faustino Segura e Amparo Álvarez (detta La Campanera, poiché suo padre suonava le campane della Cattedrale di Siviglia). Da allora la famiglia Pericet si era impegnata a preservare questo stile di danza nella sua forma più pura. Tutti i figli primogeniti portano il nome di Angel. Per distinguerli venivano dati loro dei soprannomi. Così Il Patriarca Don Angel, cioè Angel Pericet Carmona che insegnò a suo figlio Angel Pericet Jiménez (1899-1973). Pericet Carmona e Pericet Jiménez hanno in seguito insegnato a Angel Pericet Blanco, El Jefe, e anche a Eloy, Carmelita e Amparo. Fatto curioso: anche se l’Escuela Bolera consiste soprattutto in assoli per una ballerina, essa è stata trasmessa quasi esclusivamente da uomini! Non resta che una sola danza scenica di coppia, La Maja y el Torero, che contiene retaggi di gesti mimici.

Esiste dunque, attraverso più secoli, una linea ininterrotta di studi di passi e di danze. Quando Angel Pericet Carmona e suo figlio Angel Pericet Jiménez lasciarono Siviglia per Madrid, negli anni Quaranta, assistettero a spettacoli di balletto e decisero di cambiare lo stile Bolero per potervi competere. Le braccia sono allora state alzate al di sopra e al centro della testa; i Rodazanes (ronds de jambe) si sono alzati (a 90°) e portati decisamente di lato (à la seconde), piuttosto che molto bassi e più avanti. Gli artisti più anziani espressero dure critiche a proposito di questi cambiamenti sia stilistici che tecnici. In effetti, per fare concorrenza al balletto, il Bolero è stato presentato con più eleganza, togliendone forse così il “pepe” andaluso. Ciononostante, il fratello di Don Angel, Rafael, continuò a insegnare l’antico stile a Siviglia, dove io mi sono formata, ma quando arrivai a Madrid, nel 1955, suo nipote Eloy l’aveva cambiato.

Arthur Saint-Léon et Marie Guy-Stéphan
dans un Zapateado, 1850. Noter les castagnettes.

Nel frattempo a Barcellona si era sviluppata una scuola di danza classica molto attiva. È vicino a Barcellona, a Reus, all’epoca un grande centro dell’industria tessile, dove sono nati Mariano Camprubí e Roseta Mauri. Quest’ultima divenne étoile dell’Opéra de Paris, con il nome di Rosita Mauri; essi introdussero alcune danze spagnole nel loro repertorio. Camprubí, Dolores Serral e Lola de Valencia incantarono il pubblico parigino fra il 1836 e il 1847. Danzarono anche a Copenaghen nel giugno del 1840, per l’Incoronazione di Cristiano VIII. Lo stesso August Bournonville si esibì in un Bolero a loro fianco e vi si ispirò per creare il suo balletto Toreadoren.

Camprubí e Serral ricevettero l’autorizzazione della Regina di Spagna per esibirsi all’estero, pur continuando a essere pagati da lei, poiché, a causa della guerra, in Spagna era diventato difficile vivere della propria arte. Fu Serral che insegnò a Fanny Elssler la Cachucha, che, se ci si può fidare della critica parigina, sembra fosse diversa dalla danza spagnola allora conosciuta. C’è una celebre posizione in ginocchio, arricchita da un cambré (schiena ad arco) in cui le spalle sfiorano quasi il suolo, tipico di una danza detta Olé (de la Curra). Stranieri dell’epoca romantica come Bournonville, la sua allieva Lucile Grahn, Maria Taglioni, Fanny Cerrito, Jules Perrot e Arthur Saint-Léon aggiunsero queste danze al loro repertorio; altri ballerini le appresero da Camprubí e Serral a Parigi, insiemi alla Cachucha, al Jaleo de Jerez o al Zapateado classico, con lo scopo di mettersi in mostra di fronte ai loro concorrenti. Bournonville e Marius Petipa, fra gli altri, giunsero a utilizzare queste danze nei loro balletti.

Durante il loro soggiorno parigino, Camprubí e Serral posarono per Manet e Degas. Il ritratto di Serral, Camprubí e Lola de Valencia dipinto da Manet si trova nella Phillips Gallery a Washington D.C. Ed è Rosita Mauri, uno dei soggetti preferiti da Degas, che lui dipinse mentre s’inchinava a raccogliere un mazzo di fiori. Quanto a Gustave Doré, egli fece dei disegni straordinari dell’Escuela Bolera a Madrid, accompagnando il Barone Davillier nei suoi viaggi.

Il repertorio del balletto perse le danze dell’Escuela Bolera quando i danzatori che le avevano imparate si ritirarono del palcoscenico. Questi erano, infatti, artisti della scena più che insegnanti; è tuttavia tramite gli insegnanti che tutto quello che aveva un valore perdurerà. Le danze composte da Bournonville per il suo balletto Toreadoren erano sul punto di andare perse, quando Flemming Ryberg, imparatele da Hans Brenaa, le presentò alla televisione danese. Il balletto stesso è andato perduto, cosa più che deplorevole, tanto per l’arte del balletto quanto per la danza spagnola.

Per comprendere l’evoluzione del Bolero, bisogna tornare alle Seguidillas Manchegas (sempre al plurale). Il singolare, Seguidilla, indica la musica o strofa. Nel ritornello, che introduce ogni grande strofa della danza, i passi sono sempre gli stessi e saranno ugualmente gli stessi in ciascuna sezione. Sono le strofe che cambiano. Il Bolero ha ripreso la costruzione delle Seguidillas con tre “strofe” o sezioni complete, ciascuna composta da tre ritornelli separati da due strofe:

1ª di tre strofe di danze
1° Ritornello o Estribillo,
accompagnato con la chitarra o con le Bandurrias (strumento cordofono a pizzico, ndt), ecc.
I danzatori entrano e incominciano la danza. Per le “strofe” di introduzione, nelle Seguidillas i ballerini camminano e cambiano il partner, mentre nel Bolero, non fanno che cambiare il posto per ritrovare lo stesso partner,
Strofa o Copla 1 sarà cantata nelle Seguidillas folcloriche. Nel Bolero, non sarà cantata, ma sarà sempre chiamata Copla.
2° Ritornello o Estribillo,
Strofa o Copla 2,
3° Ritornello o Estribillo,
che termina con un Bien Parado, una posizione ben fissata. Il ballerino veniva applaudito quando non barcollava!
In seguito i ballerini attaccano la “strofa” 2 (o 3?),
poi la “strofa” 3 (o 4?).

Nelle Seguidillas Manchegas, la posizione finale è con una gamba flessa e alzata davanti (come un’attitude). Nella posizione finale del Bolero una gamba sarà protesa avanti, ma con il piede a terra. Si suonano le nacchere e bisogna essere molto abili a tenere il ritmo mentre si salta e vola! Un’étoile romana ha detto che è più facile danzare tutto il secondo atto del Lago dei Cigni che un solo Bolero.

Un altro tipo di danze dell’Escuela Bolera utilizza calzature a tacchi bassi, dette chapines; hanno nomi legati al Flamenco (Peteneras o ancora Soleares de Arcas, dal compositore Julián de Arcas). Allo scopo di far concorrenza al Flamenco, dominato dai gitani, i maestri hanno copiato il loro stile, aggiungendo il ritmo delle nacchere.

Sebbene l’Escuela Bolera abbia un tempo conquistato il mondo, comprese l’America Latina o la stessa Africa del Sud, ora invece è dappertutto in via di estinzione. Ma questa è un’altra storia.

Aprile 2012


Bibliografia

Grut, Marina: The Bolero School, Danse Books Ltd, Londra, 2002. ISBN 1 85273 081 1