Nicola Guerra (1865-1942)
Un maestro italiano dimenticato
30 novembre 2010
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di Francesca Falcone
Docente di Teoria della danza all’Accademia Nazionale di Danza
Scriveva negli anni ‘50 Ettore Caorsi, primo ballerino e maestro del Teatro dell’Opera di Roma, che “tra i moderni, grandi ballerini e maestri di danza che hanno imposto l’arte italiana nel mondo, va annoverato in prima linea Nicola Guerra, cui va anche il merito di notevoli creazioni coreografiche”. [1] Questo pensiero era contenuto in un articolo che metteva in luce la carriera artistica di Guerra come maestro e coreografo dei maggiori teatri europei (Vienna, Budapest, Parigi, Roma, Milano), carriera insignita in Ungheria dell’onorificenza dell’Ordine cavalleresco di Santo Stefano e in Francia di quella della Croce di Cavaliere della Legione d’onore. L’articolo di Caorsi però si chiudeva con un laconico: “In Italia [Guerra] fu dimenticato”.
Nicola Guerra a diciotto anni
Collezione famiglia Guerra
Nicola Guerra nacque a Napoli nel 1865 e morì a Cernobbio nel 1942.
Dopo aver perduto tutti i suoi averi in Ungheria nel 1917 per essersi rifiutato di assoggettarsi all’Austria nel conflitto mondiale, Guerra rinunciò ad insegnare alla Scala nel 1924, a causa delle sue idee antifasciste.
L’aver reperito l’archivio personale di Guerra presso la sua famiglia, che risiede attualmente nei pressi di Como, nel Nord Italia, e l’aver intervistato dal 1997 al 1999 diversi suoi allievi, tra cui gli italiani Franca Bartolomei, Lia e Ugo Dell’Ara, Susanna Egri, Bianca Gallizia, Nives Poli, Walter Zappolini, Carola Zsalai Zingarelli, e il francese Edmond Linval, ecc., mi ha consentito di riportare alla memoria l’operato di questo maestro e di scoprire quanto ingiustamente - e non solo in Italia- sia stato effettivamente dimenticato.
Non voglio qui indagare le motivazioni di questo “scarto della memoria” che difficilmente mi sembrano imputabili a problemi legati al carattere di Guerra, ombroso e suscettibile, e neanche alla sua permanenza come maître de ballet quasi sempre breve e discontinua nei diversi teatri europei. Vorrei semplicemente focalizzare l’attenzione dell “addetto ai lavori” su quelli che sono stati i suoi insegnamenti e le sue qualità di artista.
Quando Rouché affidò a Guerra la direzione del ballo dell’Opéra dal 1918 al 1922 e poi dal 1927 al 1929, sapeva che aveva a che fare con un maestro tra i più stimati del momento, abile anche nella creazione di coreografie dotate di solida struttura e buon gusto, oltre che di una spiccata sensibilità moderna che i tempi richiedevano. Guerra, pur essendo italiano, proveniva infatti dai ranghi della migliore tradizione accademica francese, avendo ricevuto i suoi insegnamenti a Napoli da Aniello Ammaturo (1820-1880), un allievo di Blasis e del francese August Hus. Era inoltre colto, sensibile all’arte, alla musica e alla scrittura creativa, avendo pubblicato diverse novelle ispirate al mondo della danza.
Cosa costituissero per lui l’école italienne e l’école française è rivelato in un interessante articolo che Guerra scrisse per la rivista Opéra nel 1929.
« Il y a déjà longtemps que trop fréquemment on parle et on écrit sur l’école italienne et sur l’école française, avec tendance à prouver que la première est inférieure et différente de la seconde. Il y a aussi des critiques qui voudraient lui attribuer un caractère banal, vulgaire, disgracieux. […]
«En fait d’école il n’y a aucune différence : tout au plus il ne s’agit que de forme ; et celle-ci a été entièrement absorbée, il y a un siècle (à l’époque d’or de la danse) par l’école italienne.
«Veut-on savoir en quoi cette forme consiste-t-elle? Dans un motif de grâce, d’élégance, de plasticità qu’auparavant l’artiste italien – maître de ballet ou danseur- ne possédait pas. Mais plus tard, à l’arrivée d’artistes français en Italie (comme le Valpot [2], le Carré, les Marante [Mérante - ndlr], les Hus [3]., etc. …) ce défaut disparut et l’école devint une, avec son caractère de force et de grâce. » [4]
Nicola Guerra, ca 1890
Collezione famiglia Guerra
Alla fine del XIX secolo la scuola italiana aveva abbandonato lo stile nobile in cui si era distinto Gaetano Vestris a favore di passi vigorosi a impatto sensazionale e in cui era evidente l’impegno fisico. Ma rispondeva tutto ciò alla vera arte? No - riteneva Guerra:
« Ce fut plutôt de l’acrobatie ; et quant à moi je loue de plus notre grande Zambelli de s’être éloignée constamment de pareils excès (excès qui d’ailleurs, en ce temps-là, étaient rendus acceptables par la technique parfaite et sûre des artistes de l’époque). Quoi qu’il en soit ce n’est pas pour cela que l’on puisse établir d’une manière absolue une différence entre l’école italienne et l’école française lesquelles aujourd’hui se fondent en une seule. Au fond, si l’on veut parler de grâce et d’élégance, tout dépend de la nature et du caractère de l’artiste : il ne peut pas être question d’école. » [5]
Guerra era ritenuto un maestro che nel giro di poco tempo era in grado di ricostituire un corpo di ballo deperito infondendogli un nuovo dinamismo e un repertorio ricco e variato. Dato che a Jacques Rouché stavano particolarmente a cuore la riforma dell’insegnamento all’Opéra nonché la ristrutturazione sia dei suoi quadri organici sia delle sue metodologie didattiche, Guerra gli sembrò la persona giusta per questo incarico. Il maestro italiano dimostrò, come in passato era accaduto per altri enti lirici, di essere all’altezza della situazione.
Gli esami (il così detto “Concours”) del corpo di ballo de l’Opéra, veri e propri banchi di prova dello stato dell’insegnamento della danza che si tenevano tutti gli anni nel mese di dicembre, costituivano una tappa importante che veniva registrata dalla critica con molta attenzione. La penna non prodiga di complimenti di André Levinson, che come tanti altri suoi colleghi teneva a questo appuntamento, sottolineò che il corpo di ballo sotto la direzione di Guerra, non solo era migliorato tecnicamente ma aveva acquisito uno spirito nuovo, un entusiasmo e un senso di forte disciplina che trapelava dalla vivace competizione tra i danzatori che sembravano essersi ridestati da un lungo torpore [6]. Fu Guerra a pretendere per esempio dai grands sujets che concorrevano al rango di premier danseur oltre ad una variazione all’impronta anche una composizione coreografica di fantasia. Una novità fortemente auspicata da Levinson che consentiva al candidato di esprimere al meglio le proprie qualità artistiche.
Nicola Guerra, ca 1930
Collezione famiglia Guerra
Guerra aprì anche una scuola di ballo privata a rue des Martyrs nella quale studiarono molti ballerini dell’epoca, come attestano le numerose lettere che riceveva dai suoi allievi, oggi custodite nel suo archivio di famiglia. Allieve regolari di Guerra erano ad esempio Lycette Leplat (poi Darsonval), Solange Schwarz e Lucienne Lamballe. Gli allievi, dopo aver superato inizialmente il senso di soggezione che incuteva il suo aspetto magro e arcigno, si rendevano presto conto che Guerra insegnava la danza “non come materia di studio, ma come espressione dell’armonia dell’animo”. [7]
Se è lecito domandarsi come mai, nel commento riportato qui sotto dalla ballerina Léone Mail, il lavoro del grande maestro Gustave Ricaux sia passato sotto silenzio, la sua testimonianza a proposito di Nicola Guerra è nondimeno importante:
« Ainsi est-il particulièrement émouvant de penser qu’entre Marie Taglioni (…) et Serge Peretti, il n’y eut qu’un seul intermédiaire : Nicola Guerra (…). Professeur en privé, l’inscription à son cours impliquait un travail quotidien basé sur une partie technique différente chaque jour de la semaine. On y étudiait des enchaînements très particuliers tels les ‘fouettés à la Blasis’, les brisés ‘Télémaque’, des séries de divers pas de base qui faisaient sans aucun doute partie de l’enseignement de Marie Taglioni. Solange Schwarz et ses sœurs, Lycette Darsonval, Pierre Duprez, quelques autres et moi-même furent également ses élèves ». [8]
Il concetto sacro che egli aveva della danza classica, in contrasto con la “nuova danza” che si stava affermando in quegli anni, potrebbe riassumersi in queste brevi parole che Guerra accompagnava a movimenti e gesti eloquenti:
« ‘La danse classique a ses racines dans l’Olympe, et nous a été enseignée par les dieux. La danse moderne n’est pas même bacchique, elle est tout au plus sélénique” Il se leve. “Voyez, par exsemple la pose d’un Mercure. Eh bien, voilà un geste, un sens. Et les Muses? Ainsi, ou ancore ainsi (en montrant plusieurs attitudes). C’est toute une gamme d’idées profondes, nobles, expressives. Et les pleureuses? Ou bien les nymphes?’ Il prend successivement toutes ces attitudes avec une légèreté qui surprend. ‘Exprimer dans un geste un état d’âme, vibrer sous les sentiments comme des cordes harmonieuses sous les doigts d’un joueur de lyre, chanter, implorer, sans paroles, voilà la danse!’ » [9]
Nel 1928 Guerra elaborò una Méthode che gli insegnanti delle Première et Deuxième Classe Elémentaire dovevano seguire con molto scrupolo. Ciò per porre le basi di quello che riteneva fosse un metodo che, applicato sin dalle classi dei più giovani, avrebbe potuto dare nel tempo i suoi frutti migliori. [10] Ma Guerra non avrebbe fatto a tempo a vedere realizzata la sua riforma d’insegnamento. Questioni con Aveline [11] e Staats e divergenze sia economiche sia di logistica per la creazione de Les Créatures de Prométhée, che Rouché gli aveva affidato, lo portarono a recidere bruscamente nel 1929 il contratto e questo avrebbe aperto le porte dell’Opéra a Serge Lifar, il giovane e brillante danzatore che Rouché aveva visto danzare ne Le fils prodigue e che Diaghilev aveva lanciato come coreografo in una nuova versione del Renard di Stravinskij.
Si riportano qui di seguito le Instructions e les Exhortations che fanno parte della Méthode di Nicola Guerra (Si osservi che Guerra, pur conoscendo bene il francese, non utilizzava una sintassi del tutto ortodossa che potrebbe generare talvolta dei fraintendimenti).
Bagatelles, tournée artistique de Ballets
Collezione famiglia Guerra
Instructions
de Nicola Guerra
Les professeurs doivent incessament avoir présent :
1. Que les pieds, à n’importe quelle position à terre ne soient pas trop tournés en dehors, c’est-à-dire qu’ils tiennent la ligne horizontale bien droite [a quell’epoca molti erano gli insegnanti che forzavano l’allievo a ruotare eccessivamente i piedi, sino a provocargli un eccessivo inarcamento della schiena e una pronazione dei piedi - nda]
2. Que la cinquième position soit bien serrée et de façon que la pointe d’un pied ne passe pas le talon de l’autre pied ; cela dans tous les mouvements, soit que l’on parte pour un ballon, soit qu’on y rentre, en descendant.
3. Que tout plié soit fait modérément, souplement et sans secousse.
4. Que les genoux soient bien tendus à toutes les poses ou être un peu pliés dans les temps de batterie, entrechat-quatre, entrechat-six, etc. pour permettre aux jambes de bien se croiser de manière à rendre ces mouvements plus brillants.
5. Que la jambe levée, dans toutes les positions en l’air, ne soit ni trop haute, ni trop basse de [rispetto a - nda] la ligne directe de la hanche.
6. Que le corps soit bien droit et surtout bien en aplomb sur [rispetto a – nda] la jambe qui reste à terre dans les adagio.
7. Qu’étant en position attitude derrière, la cuisse soit bien levée et la jambe bien pliée, en même temps que le corps ne soit ni trop penché en avant, ni en arrière, sans cela on pourrait difficilement faute d’équilibre, tourner sur soi-même en cette position.
8. Que les pointes [cioè le dita dei piedi - nda] dans tous les mouvements soient bien baissées, bien allongées [cioè non incurvate a becco di pappagallo - nda] et que’en descendant d’en haut ce soit elles (et non pas les demi-pointes) qui touchent le plancher.
9. Que les talons dans les pliés ne soient jamais les premiers à se lever de terre, mais qu’ils suivent le plus tard possible la première flexion des genoux.
10. Que les hanches, à chaque plié, soient autant que possibile bien ouvertes et que le corps tombe en aplomb sur la ligne d’union des deux talons ou centre de soi-même
11. Que la tête soit bien érigée sur les épaules – néanmois sans ostentation – et que les épaules soient naturellement bien basses, et bien serrées en arrière.
12. Que les bras soient à chaque pose bien arrondis, sans affectation, sans effort dans les poses et qu’ils suivent harmonieusement les mouvements des jambes dans les différentes attitudes, en l’air comme à terre.
13. Que les sauts soient souples, moelleux, légers.
Exhortations
de Nicola Guerra
Avoir patience – surtout dans la classe élémentaire – corriger à chaque instant, s’arrêter, pour cela, même longtemps s’il le faut, puisque dans une Académie, ordinairement, on n’est pas pressé.
Ne pas faire monter trop tôt sur les pointes des pieds, en tout cas essayer après les premiers deux ou trois mois d’étude et si l’on est bien sûr que de la demi-pointe on peut passer aisément sur l’extrémité.
Aussi éviter de laisser monter sur une pointe seule : se limiter au plus à des échappés et des pas de bourrée mais toujours avec les temps. Car, ainsi que je l’ai mentionné, c’est dans la 2e classe que l’éléve apprendra la batterie, les tours et les exercices des pointes, néanmoins jusqu’à un certain degré de difficulté, le degré supérieur étant réservé aux professeurs de la 3e et 4e classe où l’élève ne parvient qu’après plusieurs années d’études.
Faire bien attention que les pieds, à terre, soient toujours plats, penchant plutôt sur les petits doigts que sur les orteils [evitando la pronazione - nda], ce qui serait un défaut bien grave pour l’exécution générale de notre art.
Tous les exercices d’adagio doivent, en majorité, être précédés par un plié fondu, ainsi que [mentre i pas d’allegro siano preceduti da - nda] par un demi plié, les pas d’allegro (grand et petit ballon) afin d’arriver à ce degré de souplesse qui avec la «naturalité» du geste et la ligne élégante du corps est le fondement de la légèreté «sylphidée» que chaque danseur ou danseuse doit nécessairement avoir.
Se rappeler enfin - les professeurs des classes élémentaires - que c’est d’eux que dépend le plus ou moins de perfection ou d’imperfection du danseur futur, car ainsi que nous l’enseigne Ch Blasis, le plus éminent Maître chorégraphe après Noverre et Gardel :
«Tout dépend des premiers éléments : un mauvais pli une fois pris, il est presque impossible de l’effacer.»
Francesca Falcone
Nata a Padova nel 1955, si è laureata in Lettere nel 1980 presso l’Università La Sapienza di Roma. Si è formata nella danza accademica con i maestri Vanna Busolini, Simonetta Cesaretti, Vladimir Lupov, Victor Litvinov, Zarko Prebil, Margherita Trayanova, Wilma Valentino e nella danza moderna con Giancarlo Bellini, Jean Cébron e Irina Harris.
Dal 1981 è docente di Teoria della danza presso l’Accademia Nazionale di Danza, dopo avervi insegnato Educazione al Movimento per tre anni. Dal 2006 per questo istituto è anche Coordinatore del Biennio specialistico in Danza contemporanea.
Svolge ricerche nel settore teorico e stilistico della danza a partire dal XVIII secolo. Ha pubblicato numerosi saggi su riviste scientifiche ed enciclopedie e tenuto conferenze in Italia e all’estero. Tra i suoi ultimi lavori la curatela (in collaborazione con Knud Arne Jürgensen) del volume August Bournonville, Etudes Chorégraphiques (1848-1855-1861) per la Libreria Musicale Italiana (Lucca 2005). E’ autrice, assieme a Debra e Madison Sowell e Patrizia Veroli de Il Balletto Romantico. Tesori della collezione Sowell (L’EPOS, Palermo 2007). Ha curato l’edizione italiana di Vera Maletic, Body, Space, Expression, The Development of Rudolf Laban’s Movement and Dance Concepts, che inaugurerà nel 2011 una collana da lei diretta “Teorie, tecniche e stili della danza” per l’EPOS.
Già membro del comitato direttivo dell’Associazione Italiana per la Ricerca sulla danza (AIRDanza), è consigliere della European Association of Dance Historians (EADH).
[1] Ettore Corsi, “Un grande maestro di danza: Nicola Guerra”, ne Il Cigno, Rivista mensile della Danza, del Balletto e della Musica, a. I, n. 2 s.i.d. (1953), p. 70.
[2] Nato da una famiglia tirolese stabilitasi a Modena, Ferdinando Valpot è conosciuto come primo ballerino assoluto. Si è distinto accanto ad Elisa Albert-Bellon nel Conte di Montecristo del coreografo Giuseppe Rota all’inaugurazione del Teatro Comunale di Reggio Emilia il 21 aprile 1857.
[3] Auguste Hus II (1769-1824) o Auguste Hus I (1735-1829). Gli Hus sono una celebre dinastia itinerante di artisti teatrali, attori, danzatori e drammaturghi attivi dal XVII secolo. Pietro Hus (1810-1880) è stato maître de ballet presso il Teatro S. Carlo.
[4] N. Guerra, “Danse : l’école italienne, l’école française et l’école russe”, in Opéra, 11 janvier 1929, p. 57, (Archive Guerra-AG).
[6] A. Levinson, “Precisions sur la danse. Le Concours de l’Opéra”, in Comoedia, 21 decembre 1928, AG.
[7] Vivere musicalmente, Pergamena donata dagli allievi del Teatro dell’Opera a Nicola Guerra (Roma, 13-6-1932, Anno X- AG).
[8] Léone Mail (1916-2001), maître de ballet, primo Ispettore della Danza presso il Ministerio della Cultura. Nota del 10 gennaio 1988 intitolata “Histoire de la Danse et Tradition” (Collezione privata Katsumi Morozumi.)
[9] G. Manacorda, “Danse classique ou Danse Moderne? Interview de M. Guerra, directeur de l’Académie de Danse à l’Opéra de Paris”, in Illustration Théâtrale Internationale [s.d.], p. 135, AG.
[10] N. Guerra, Méthode à suivre strictement par les Professeurs de la première et deuxième classe élémentaire soit des jeunes filles, soit des petits garçons (Paris, février 1928, Bibliothèque Nationale de l’Opéra, Fonds Rouché, Pièce 166).
[11] E’ singolare ciò che scrive Christiane Vaussard a proposito dell’influenza che ebbe Guerra su Aveline: “Albert Aveline collaborò con Zambelli per diversi anni. Quando ella si ritirò, prese la direzione della Scuola (1935-1958). Fu maestro di ballo all’Opéra per cinquantacinque anni e si distinse per un insegnamento molto diverso da quello di Zambelli, in quanto più influenzato dal maestro italiano Guerra. Ricercò molto nel suo insegnamento che era molto strutturato. Era un vero lavoro ed era meraviglioso! Le sue correzioni erano il frutto di una vera riflessione. E’ stato forse il più grande maestro che l’Opéra abbia mai avuto”. (cit. in Gretchen Ward Warren, The Art of Teaching Ballet, Ten Twentieth-Century Masters, Gainesville, University Press of Florida, 1996, p. 236)